Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato, nei confronti della Regione Abruzzo in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge della regione Abruzzo del 10 agosto 2010, n. 38, pubblicata sul B.U.R. n. 13 del 13 agosto 2010 n. recante «Interventi normativi e finanziari per l'anno 2010», nell'art. 2, rubricato «Interpretazione autentica del comma 2, dell'art. 34 della l.r. n. 17/2010», ove si prevede che: «Il comma 2 dell'articolo 34 della l.r. 12 maggio 2010, n. 17 recante: "Modifiche alla l.r. 16 luglio 2008, n. 11 'Nuove norme in materia di Commercio' e disposizioni per favorire il superamento della crisi nel settore del commercio" e' interpretato nel senso che per ogni giornata di deroga dall'obbligo di chiusura domenicale deve corrispondere la concertazione di una corrispondente giornata di chiusura infrasettimanale e che non e' consentita la deroga alle chiusure domenicali e festive in caso di mancato adempimento di questo obbligo. Non e' consentita la deroga di cui al comma 2 dell'art. 34 della l.r. n. 17/2010, cosi' come interpretato dal presente articolo nel caso di mancato rispetto del comma 3 del medesimo articolo 34»; e nell'art. 5, rubricato «Compensi per lavoro straordinario emergenza terremoto», ove al comma 4 si prevede che: Il comma 1 dell'art. 5 della l.r. 14 luglio 2010, n. 24: «Interventi a sostegno dell'aeroporto d'Abruzzo» e' cosi' sostituito: «1. Al fine di consentire l'ordinata conclusione dei progetti in itinere, i dirigenti responsabili dei medesimi possono prorogare eventuali contratti di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore della presente legge. Tali proroghe possono essere disposte anche piu' volte, purche' siano necessarie alla definizione dei programmi di lavoro e/o dei progetti per i quali i rapporti sono in corso e nel rispetto, comunque, delle norme generali di finanza pubblica». Le disposizioni riportate in epigrafe vengono impugnate, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 7 ottobre 2010, perche' in contrasto con l'art. 117 secondo comma della Costituzione in relazione ai principi in materia di tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile. 1) Si premette che con la legge n. 17/2010, il legislatore regionale si e' proposto di ridisciplinare, modificando in parte la precedente legge regionale n. 11/2008 «Nuove norme in materia di commercio», il settore del commercio con l'intento di prevedere misure atte a favorire il superamento della crisi economica. A tal fine ha dettato una disciplina di dettaglio tesa a rivedere tutto l'ambito del commercio, dalla fase del rilascio delle necessarie autorizzazioni all'esercizio commerciale, alla disciplina della vendita dei diversi beni e dei giorni di chiusura degli esercizi commerciali, aspetto quest'ultimo disciplinato con l'art. 34 commi 2 e 3, di cui l'art. 2 legge n. 38/2010, in epigrafe indicato, si propone appunto di fornire l'interpretazione autentica. Vale ricordare che l'articolo 34 comma 2 legge n. 17/2010 dispone che gli esercenti il commercio, con propria libera scelta, possano derogare dall'obbligo di chiusura domenicale e festiva, per un numero di 40 giornate nell'arco dell'anno, da stabilire con Ordinanza Sindacale, previa concertazione con i Sindacati e con le Organizzazioni di categoria delle giornate di chiusura infrasettimanale. La norma e' stata oggetto di rilievi governativi, e pertanto impugnata (delibera C.d.M. del 9 luglio 2010) avanti a codesta ecc.ma Corte con ricorso a sostegno del quale il Presidente del Consiglio dei ministri rilevava che la possibilita' di apertura straordinaria per un numero di 40 giornate nell'arco dell'anno non e' prevista dall'articolo 11 del d.lgs. n. 114/98, disposizione nazionale di riferimento, secondo cui la «deroga all'obbligo di chiusura deve comunque comprendere il mese di dicembre nonche' ulteriori otto domeniche o festivita' nel corso degli altri mesi dell'anno». Poiche' la disposizione regionale prevede la possibilita' di deroga per un numero superiore di giorni - 40 - rispetto a quelli stabiliti dall'art. 11 cit. - mese di dicembre + 8 - peraltro fruibili in qualunque mese dell'anno, e' evidente come, per tale via, si determini una non giustificabile disparita' di trattamento con i soggetti esercenti la medesima attivita' nelle altre zone del territorio nazionale. In questa prospettiva il P.C.M. evidenziava come la norma si ponga in contrasto con l'art. 117 comma II, lett. e), laddove viene ad eliminare solo in ambito regionale i vincoli e i limiti posti dalla disciplina statale in punto di apertura straordinaria degli esercizi commerciali, mentre avrebbe dovuto limitarsi a richiamare la norma statale piuttosto che intervenire di nuovo su una materia gia' compiutamente regolata a livello generale. 2) Oggetto di impugnativa e' stato anche il successivo comma 3 dell'art. 34, che prevede che i Comuni, sentite le Associazioni provinciali delle imprese del commercio, dei consumatori e dei lavoratori dipendenti, aderenti alle Organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale, nel deliberare relativamente alle deroghe di cui al comma II, limitatamente alla grande distribuzione si impegnino ad inserire nei propri atti la garanzia di assicurare a rotazione il riposo ai lavoratori per almeno la meta' delle giornate di apertura domenicale o festiva e a sostituire i lavoratori a riposo con assunzioni temporanee nelle giornate domenicali e festive, al fine di garantire e implementare l'occupabilita' del settore. Anche in questo caso, a parere del legislatore regionale, lo scopo della norma e' quello di favorire il commercio, consentendo la riduzione delle giornate annuali di chiusura obbligatoria degli esercizi commerciali, e, di seguito, favorire l'occupazione mediante la previsione di turni di riposo obbligatori, di rotazione dei lavoratori e di sostituzione dei lavoratori a riposo con personale assunto in via temporanea. Senonche' la disposizione e' stata sottoposta a censura, nel rilievo che pone a carico unicamente degli operatori della grande distribuzione commerciale previsioni che contengono in definitiva veri e propri obblighi da attuarsi nell'ambito dei rapporti contrattuali che la grande distribuzione intrattiene con i propri lavoratori, obblighi tuttavia non previsti dalla corrispondente norma generale, l'art. 11 del d.lgs. n. 114/1998, e quindi tali da determinare alterazioni dell'assetto concorrenziale nel settore. In conclusione, evidenziato che il comma 1 dell'art. 11 cit., nel prevedere che «gli orari di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo sentite le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti», enuncia in via preliminare un principio di ordine generale, fondato su un'ampia liberta' di contrattazione e di scelta, in punto sia di an che di modus, rimessa alle diverse parti del rapporto di lavoro, limitata solo dal rispetto di quanto fissato nei successivi commi della stessa disposizione, si concludeva nel senso del contrasto delle norme regionali con il principio di libera concorrenza sotto tre profili. In via preliminare perche' pongono vincoli in ordine alla possibilita' ed alla modalita' di deroga alla chiusura obbligatoria non previsti da alcuna norma statale; in ordine al comma 3, perche' tali vincoli sono posti a carico unicamente della grande distribuzione operante nella realta' della regione Abruzzo, laddove analoghe strutture commerciali, in difetto di una norma statale di tal fatta, appaiono libere di organizzare le giornate di apertura straordinaria mediante il ricorso a modalita' direttamente concertate con le proprie organizzazioni sindacali e non imposte da vincolo legislativo e perche' infine contrasta con il principio della libera concorrenza anche sotto il profilo del rapporto tra la grande distribuzione e gli operatori commerciali non appartenenti a tale categoria, anche questi ultimi liberi di modulare in base ad esigenze non soggette ad obbligo di rendiconto i propri turni di apertura. Si evidenziava infine come le disposizioni regionali apparissero in contrasto anche con l'art. 117, II comma, lett. l), nel rilievo che vanno ad incidere sulle modalita' di svolgimento e sugli aspetti che regolano il rapporto di lavoro subordinato, rapporto che deve essere invece disciplinato in via generale dagli appositi contratti collettivi di categoria, quali atti dotati di «portata generalizzata», cosi' da invadere la competenza esclusiva statale nella materia dell'ordinamento civile. 3) Nell'ambito del sopra delineato quadro legislativo regionale si inserisce l'art. 2 legge n .38/2010, diretto a fornire l'interpretazione autentica del comma 2 dell'art. 34 della 1.r. n. 17/2010 «nel senso che per ogni giornata di deroga dall'obbligo di chiusura domenicale deve corrispondere la concertazione di una corrispondente giornata di chiusura infrasettimanale e che non e' consentita la deroga alle chiusure domenicali e festive in caso di mancato adempimento di questo obbligo. Non e' consentita, inoltre, la deroga di cui al comma 2 dell'art. 34 della l.r. n. 17/2010, cosi' come interpretato dal presente articolo, nel caso di mancato rispetto del comma 3 del medesimo articolo 34». Tuttavia anche questa disposizione non sembra sottrarsi alle stesse censure di incompatibilita' costituzionale gia' sollevate in ordine alla norma interpretata, nel rilievo che non appaiono superati dal legislatore regionale i dubbi a suo tempo evidenziati, in particolare in relazione all'art. 11 d.lgs. n. 114/1998, per cui, come sopra detto, gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti, nel rispetto delle disposizioni contenute nell'art. 11 in discorso e dei criteri emanati dai Comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti; il Comune, sentite le stesse, individua i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Detti giorni comprendono comunque quelli del mese di dicembre, nonche' ulteriori otto domeniche o festivita' nel corso degli altri mesi dell'anno. E' evidente che l'art. 11 d.lgs. n. 114/1998 non costituisce norma diretta a regolare la materia del «commercio» in se' per se', ma piuttosto quella dei rapporti fra gli esercenti il commercio, poiche' tende alla realizzazione di un regime di vendita tale da consentire pari opportunita' per ogni esercente. In questa prospettiva, la disposizione deve quindi farsi rientrare non gia' nell'ambito della materia «commercio», di competenza residuale regionale, ma nell'ambito della «tutela della concorrenza», materia di competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. e), della Costituzione. In questo senso si e' espressa anche la Corte costituzionale, che ha stabilito che il d.lgs. n. 114/1998 ha espressamente posto quale finalita' della disciplina in materia di commercio, tra le altre, quelle di realizzare «la trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta' di impresa e la libera circolazione delle merci», «l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonche' l'evoluzione tecnologica dell'offerta» (cfr. sent. Corte cost. n. 430/07). Alla luce dei citati principi, aventi carattere generale perche' pongono le finalita' della disciplina in materia di commercio, al cui rispetto deve tendere anche la legislazione regionale in subjecta materia, appare palese come 1' interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 34, lungi dal mostrare il recepimento delle censure governative sopra richiamate sia tale da determinare ulteriori alterazioni dell'assetto concorrenziale nel settore del commercio. Non sfugge infatti che la Regione Abruzzo, nel ribadire la stessa disposizione e nel fornire un'interpretazione autentica del comma 2 dell'art. 34 1.r. n. 17/2010 del tutto aderente alla lettera della norma, legiferi ancora una volta in contrasto con la normativa statale di riferimento, in materia sottratta alla propria competenza legislativa cosi' violando di conseguenza l'articolo 117, comma 2, lettera e) in materia di tutela della concorrenza. 4) Ad analoga censura si presta l'ultimo periodo dell'articolo 2 in epigrafe indicato, che, nel ricollegarsi al rispetto del comma 3 dell'art. 34 l.r. n. 17/2010, soggiace alle medesime censure gia' sollevate con il precedente ricorso e sopra riportate. In particolare il legislatore regionale non sembra avere emendato l'art. 34 comma 3 dei vizi che sono stati a suo tempo individuati, per cui esso la disposizione appare contrastare con la normativa statale di riferimento che, lungi dall'imporre vincoli specifici in materia di modalita' di esercizio del commercio, tende verso la concreta realizzazione del principio di «libera concorrenza» per quanto concerne l'orario di lavoro ed apertura straordinaria degli esercizi commerciali, mediante la rimozione della disciplina di dettaglio contenuta nella pregressa legislazione in materia di commercio, nulla disponendo in punto di organizzazione delle forze lavorative in ragione dell'adesione delle parti alla deroga ai normali orari lavorativi. Anche in questo caso si richiama la violazione della normativa statale di riferimento costituita dal d.lgs. n. 114/98, che ha «espressamente posto quali finalita' della disciplina in materia di commercio, tra le altre, quella di realizzare la trasparenza del mercato, la concorrenza, la liberta' d'impresa e la libera circolazione delle merci, ... in un processo di modernizzazione, all'evidente scopo di rimuovere i residui profili di contrasto della disciplina di settore con il principio della libera concorrenza», (cosi' Corte cost. n. 430/2007). La norma regionale in esame al contrario, ponendo vincoli alla libera contrattazione, determina una non giustificabile disparita' di trattamento con i soggetti esercenti la medesima attivita' nelle altre zone del territorio nazionale, cosi' da eccedere dalle competenze regionali, incidendo sull'assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale, e da invadere la competenza statale in materia di tutela della concorrenza di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e) Cost. Ne' potrebbe argomentarsi, in senso contrario, che essendo la «tutela della concorrenza» una materia «trasversale», la disposizione regionale censurata sarebbe legittima in quanto espressione della competenza legislativa concorrente o residuale delle regioni. Osta infatti a tale conclusione il rilievo per cui interventi legislativi regionali di tal genere presuppongono una necessaria sintonia con la realta' produttiva regionale, che nella specie appare assente. Per tali motivi non pare revocabile in dubbio che la norma censurata contrasti con il principio di libera concorrenza, intesa quale pari opportunita' e corretto ed uniforme funzionamento del mercato, tanto piu' qualora la si esamini alla luce dei principi fissati dalla giurisprudenza costituzionale in materia, per cui «l'espressione "tutela della concorrenza" comprende, tra l'altro, le misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo od eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacita' imprenditoriale e della competizione tra imprese, e, in generale, vincoli alle modalita' di esercizio delle attivita' economiche. In tale maniera vengono perseguite finalita' di ampliamento dell'area di libera scelta sia dei cittadini che delle imprese» (Corte cost. n. 430/2007). Ed e' sufficiente esaminare la disposizione regionale alla luce di tale consolidato orientamento, per verificare come essa si ponga in contrasto con il concetto di tutela della concorrenza sopra delineato, di cui all'art. 117 comma II, lett. e), poiche' tende a creare limiti e barriere all'accesso al mercato ed alla libera esplicazione dell'attivita' imprenditoriale in maniera del tutto discriminatoria senza alcuna valida ragione, giustificata da particolari esigenze regionali, ad essa sottesa. 5) Censurabile appare altresi' l'art. 5, comma 4 in epigrafe indicato, in materia di personale, diretto a sostituire il comma 1 dell'art. 5 della l.r. 14 luglio 2010, n. 24: «Interventi a sostegno dell'aeroporto d'Abruzzo». Si premette che anche la precedente disposizione e' stata impugnata (Delibera adottata nella seduta del C.d.M. del 17 settembre 2010), poiche' nel prevedere genericamente, «al fine di consentire l'ordinata conclusione dei progetti in itinere», la possibilita' per i dirigenti regionali di prorogare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data di entrata in vigore della legge regionale, conferma tutti i contratti di collaborazione ad enti ed organismi regionali, non solamente quelli legati all'attivita' aeroportuale. Tale generica previsione, priva peraltro di alcun termine di scadenza, oltre a porsi in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 Cost., consentiva un generalizzato meccanismo di proroga dei rapporti in essere, senza limiti temporali e senza il rispetto dei requisiti richiesti dall'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, normativa statale di riferimento, per il conferimento di tali incarichi. Anche tale norma evidenziava quindi un contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (cio' in quanto le disposizioni del d.lgs. n. 165/2001 rappresentano principi ai quali il legislatore regionale deve fare riferimento). Cio' senza tacere come la norma regionale, attesa la sua genericita', violasse le disposizioni contenute nell'articolo 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, come convertito in legge n. 122/2010, secondo le quali il ricorso a personale con contratti di collaborazione coordinata e continuativa puo' avvenire, per gli enti ivi previsti, a decorrere dall'anno 2011, esclusivamente «nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009». Poiche' tale disposizione costituisce principio generale al quale devono adeguarsi le regioni e le province autonome ai fini del coordinamento della finanza pubblica, materia affidata dall'articolo 117, terzo comma Cost. alla competenza regionale di tipo concorrente, la norma regionale contrastava altresi' con 1' art. 117, comma terzo, Cost. Alla luce degli esposte considerazioni, emerge palesemente come, con la nuova disposizione, il legislatore regionale si sia limitato a riproporre gli stessi principi contenuti nel soppresso art. 5 della l.r. n. 24/2010. Anche la nuova norma regionale si limita infatti a prevedere genericamente, «al fine di consentire l'ordinata conclusione dei progetti in itinere», la possibilita' per i dirigenti regionali di prorogare i contratti di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore della legge regionale, peraltro addirittura stabilendo che tali proroghe possano essere disposte anche piu' volte, purche' siano necessarie alla definizione dei programmi di lavoro e/o dei progetti per i quali i rapporti sono in corso e nel rispetto, comunque, delle norme generali di finanza pubblica. Tale generica previsione soggiace tuttavia alle stesse censure gia' formulate avverso la norma sostituita, perche', oltre a porsi in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 Cost., consente un generalizzato meccanismo di proroga dei rapporti in essere, senza limiti temporali e senza il rispetto dei requisiti richiesti dall'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, il quale prevede che il ricorso a contratti di collaborazioni per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati e' causa di responsabilita' amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. E' vero che la Corte costituzionale, con sent. n. 252/09, pronunciandosi su questione non dissimile, ha avuto modo di chiarire che le Regioni possono prevedere requisiti differenti da quelli previsti dall'articolo 7 del suddetto d.lgs., ma in tal caso devono dettare criteri dettagliati, razionali e ragionevoli. Nella fattispecie in esame, invece, e' prevista la proroga incondizionata dei contratti dei collaboratori in essere, basata sul solo presupposto della necessita' della definizione dei programmi di lavoro. Si evidenzia quindi, oltre al contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione per i motivi sopra esposti, anche, quello con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (cio' in quanto le disposizioni del d.lgs. n. 165/2001 rappresentano principi ai quali il legislatore regionale deve fare riferimento).